GRIDO SILENZIOSO
Sun, 17 Jun 2007,
Spettacolo teatrale di e con Federica Zambelli della compagnia teatrale Mammalucchi - Reggio Emilia
Liberamente tratto dal libro "Preghiera per Cernobyl" di Svetlana Aleksievic e dai racconti delle donne di Caffè Babele - Laboratorio Occupato AQ16 (RE)
E’ una voce di donna a legare due punti lontani nel tempo e nello spazio.
Cernobyl, 1986 e Italia, 2006. Sono questi la partenza e l’arrivo del
racconto di Ljusja, che ci parla da una stazione dei treni italiana, mentre
parte per l’ennesimo tentativo di felicità. Così inizia lo spettacolo
teatrale “Grido silenzioso”, proposto dalla compagnia I Mammalucchi di
Reggio Emilia, scritto e interpretato da Federica Zambelli, che verrà
presentato in anteprima all’interno della rassegna Vagando di Arte in Arte,
negli spazi del TPO di Bologna e del Lab. Paz di Rimini. Il monologo prende
spunto da una delle storie raccontate nel libro “Preghiera per Cernobyl”;
scritto da Svetlana Aleksievic e dall’incontro con le donne di Caffè Babele.
Ljusia, dopo aver perso il marito nella tragedia di Cernobyl, lei stessa
sopravvissuta alla bonifica e alla diaspora successiva, arriva in Italia. Il
racconto dettagliato della tragedia vissuta dalla sua famiglia, lascia
spazio poi alla realtà dell’immigrazione e del lavoro nero come badante che
trova in Italia.
“Badante, come la maggior parte delle nostre donne che sono qui, che nome
strano, all’inizio non riuscivo nemmeno a pronunciarlo – seguiamo le parole
della protagonista di questa storia - Ecco, questa è la guerra della mia
generazione. Lo dico perché è davvero così. Il nostro popolo è dovuto
partire di nuovo, lasciare tutto e combattere in questo nuovo paese per
sopravvivere”. Il suo discorso porta a interrogarsi sul destino di popoli
che si trovano in continuo esodo e alle prese con frontiere fisiche e
mentali, che ogni giorno vengono aumentate.
“Ma è una guerra molto particolare – continua Ljusja - Perché questa volta
ad andare al fronte non è toccato agli uomini, questa volta è toccato a noi,
le donne. I nostri uomini, gli eroi, pronti a morire per la patria sono
rimasti soli, senza donne e si consolano con la vodka che aiuta a curarsi
non soltanto dalle radiazioni. E anche se io credo che la guerra non ha
volto di donna, noi siamo qui a combattere, ma non sono un’eroina, di questo
ne sono sicura”.
E in questa guerra silenziosa ci porta la protagonista. Lotta quotidiana per
una vita dignitosa, contro la spersonalizzazione dell’Occidente che indica
tutte queste storie come “Immigrazione clandestina”, come se fosse un reato
cercare con il proprio lavoro di permettere alla propria famiglia di
sopravvivere. Da vittima del disastro tecnologico più clamoroso della storia
dell’uomo, a donna dell’Est, che appartiene al popolo degli immigrati. “Sono
ucraina adesso, ma qui non ho il documento di identità perché il mio visto
turistico è scaduto. A volte ho paura di perdermi.”
Come Lujsja, molte sono le donne dell’Est europeo in Italia, ed é proprio
dalle testimonianze raccolte tra di loro che la storia ha preso vita. Le
migranti che Federica Zambelli ha incontrato nella stesura del copione di
“Grido Silenzioso”, prendono parte all’iniziativa Caffè Babele, progetto a
cura dell’Associazione Ya Basta! Reggio Emilia in collaborazione con
Progetto Melting Pot Europa.
Tutte queste esperienze si sono raccolte nella voce di Lujsja, che
rappresenta il passato e il presente di popoli in fuga, sopravvissuti, in
guerra e completamente spersonalizzati e abbandonati nella loro esperienza
di migrante. Ed è sempre con le parole della protagonista che vogliamo
chiudere “Quindi forse sto espiando un peccato che non so di aver commesso,
o forse è il nostro popolo intero che deve espiare questo peccato. In che
cosa saremo per sempre coinvolti? Però deve essere un peccato molto grande
che abbiamo commesso, visto che non è bastato Chernobyl ma ho dovuto subire
un’altra evacuazione forzata per poter sopravvivere”.
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