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1 maggio 007: Vogliamo Diritti e Reddito
Wed, 02 May 2007
Vogliamo Diritti e Reddito Non ammortizzatori sociali Con l’introduzione del pacchetto Treu le forme contrattuali si sono moltiplicate, atomizzando i lavoratori, dividendoli tra loro per renderli più deboli, per sottrarre loro quelli che erano diritti acquisiti lasciandoli incapaci di reagire. Tempi determinati, contratti a progetto, partite iva fasulle, che nascondono in realtà una subordinazione di fatto, costringono i giovani e i meno giovani a rincorrere contratti fantasma, ad accettare qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione, a rimandare la maternità a un tempo indeterminato, a sognare le ferie e a vivere come incubo una qualsiasi malattia, a diventare contorsionisti della flessibilità e strateghi della sopravvivenza quotidiana. Ma la precarietà oggi esce dal lavoro e diventa precarietà di vita. Tutti diventiamo precari nel momento in cui la casa diventa un diritto proibito, nel momento in cui ci è negato l’accesso alla formazione gratuita e al libero sapere, in cui c’è negata una mobilità libera e accessibile, in cui i diritti e i beni comuni diventano appannaggio di pochi. Diventiamo precari nel momento in cui non possiamo più autodeterminarci, scegliere che forma dare alle nostre relazioni e con chi costruire progetti di vita, perdendo il controllo sulle nostre vite e sui nostri corpi. Emblematica in questo senso è la condizione dei migranti la cui possibilità di permanere in Italia e godere dei minimi diritti di cittadinanza è vincolata al contratto di lavoro che riescono ad ottenere. Ormai non possiamo più accontentarci della tutela del contratto indeterminato, e le soluzioni parziali che oggi il governo di centro sinistra ci propone sono indici di una politica debole, ottusa, che non vuole ascoltare le voci e le proposte di chi la precarietà la vive ogni giorno. Le politiche del lavoro devono essere considerate tutt’uno con le condizioni di welfare. Il tempo di vita è tempo di lavoro e viceversa: non si opera sul primo senza operare sul secondo. Il concetto di “lavoro economicamente dipendente” si traduce nella “condizione di vita dipendente”. E se le lotte per il salario sono la linfa del conflitto del lavoro, la continuità di reddito e l’appropriazione di servizi comuni sono ciò che determina il conflitto nella vita sociale. Dobbiamo quindi sviluppare e far crescere le battaglie nel lavoro dove sono le condizioni oggettive per farlo, ma anche allargare tale conflitto per una ridefinizione delle strutture di welfare che aiutino e liberino il lavoro dalla ricattabilità economica di cui è schiavo. La precarizzazione è il meccanismo attraverso il quale le aziende massimizzano il profitto: da un lato si incarna in sfruttamento, ricatto, monetizzazione dei diritti, frammentazione dei lavoratori; dall'altro trasforma il corpo sociale in un supermercato dai cui scaffali possono essere colte docilmente le materie prime, materiali e immateriali, con cui le aziende costruiscono fascino, consumo, consenso. Le misure per combatterla in realtà sono sconcertanti nella loro semplicità. Innanzitutto, alcune rivendicazioni minime: riduzione delle forme contrattuali, salario minimo orario, abolizione della cessione di un ramo d'azienda. A questo va aggiunto una forma di reddito garantito (ma, attenzione, la richiesta di una continuità di reddito non può essere confusa con un ammortizzatore: o consente una scelta e quindi un rifiuto, o è uno strumento di precarizzazione e ricatto ulteriore… non esiste via di mezzo), che permetta una reale libertà di scelta di vita, non più sottoposta al ricatto del bisogno e della subalternità: una continuità di reddito diretto e indiretto (sotto forma di servizi comuni e sociali) che deve essere incondizionata (per non cadere sotto l'ombrello del controllo sociale), per tutti i residenti (e non solo per i "cittadini"), finanziata dalla fiscalità generale e non dall'Inps e dai contributi sociali (partita di giro tra lavoratori). Solo la mobilitazione, l'auto-organizzaione e la pratica del conflitto di precari/e, migranti e nativi sapranno riconquistare ed allargare quei diritti sociali e di cittadinanza che il neoliberismo oggi ci nega. Ore 11.30 stazione FS, per partecipare alla MayDay 007 di Milano csa Magazzino 47 |