Stella Magazzino 47
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1 set 06: comunicato stampa
Mon, 04 Sep 2006

Anche noi attivisti e attiviste del centro sociale Magazzino 47 siamo convinti che a Brescia, soprattutto nell'ultimo periodo, ci sia un'emergenza. Anzi, per la verità crediamo che ve ne siano almeno due di emergenze. E che purtroppo non riguardino soltanto Brescia.

Si tratta di problemi gravi, che vanno affrontati “con la massima intransigenza”, come dicono in molti in questi giorni. E noi non vogliamo certo mancare proprio ora di fare la nostra parte. Cioè di chiamare alla mobilitazione, alla lotta e al conflitto radicale.

Primo problema. Ultimamente nei palazzi della politica si disquisisce, da un lato balbettando con timidezza, dall'altro usando toni allarmistici e minacciosamente contrari, dell'opportunità o meno di concedere la cittadinanza formale ai migranti dopo cinque anni di soggiorno legale in Italia.

Intanto però la realtà quotidiana dice che, soprattutto per gli immigrati, ma sempre più anche per i cittadini già italiani, sono le condizioni concrete della cittadinanza sostanziale a peggiorare.

Per esempio, grazie al ricatto di un permesso di soggiorno difficile da ottenere e legato a doppio filo alla disponibilità di un lavoro stabile addirittura ancor prima dell'ingresso in Italia (proprio nell’epoca della precarizzazione del lavoro), o a fronte del rischio di essere rinchiusi per due mesi in una galera etnica chiamata Centro di Permanenza Temporanea (quello che vorrebbe costruire anche a Brescia Emilio Del Bono) senza aver commesso alcun reato e per poi essere espulsi, già per questi soli motivi per gli immigrati parole come accoglienza o integrazione possono avere un senso molto difficile da comprendere, se mai hanno un senso.

Ma poi: sia i migranti che la maggioranza dei nativi, anche nell'”operosa Brescia”, sanno per esperienza cosa vuol dire peggioramento delle condizioni di lavoro, precarizzazione, incertezza e insufficienza del reddito (oggi in Italia oltre il 13% persino dei lavoratori stabili è considerato al di sotto della soglia di povertà secondo i parametri Istat). Quindi difficoltà di fare progetti che guardino al futuro. E poi ancora privatizzazione dei servizi, trasformazione dei diritti conquistati in opportunità acquistabili se si può (la pensione, l'indennità di malattia, la casa, la sanità, la scuola...). La città stessa che sempre più assume le sembianze di un centro commerciale dove la socialità e la vita delle persone diventano merce.

E' su queste basi che crescono la percezione di insicurezza sociale, il venir meno dei punti di riferimento comuni e l'incertezza delle prospettive per tutti.
Ed è su queste basi che vengono fomentate le classiche guerre fra i poveri. Che servono proprio a far sì che, proprio a fronte di evidenti ingiustizie sociali, chi ha ricchezza e potere mantenga i propri privilegi a discapito di tutti gli altri, italiani o migranti che siano.

Secondo problema. In questa settimane abbiamo visto a Brescia il peggior spettacolo che le destre razziste e xenofobe, ma non solo loro, sanno dare di se stesse. E' insopportabile il coro che per l'ennesima volta rilancia l'emergenza securitaria contro gli immigrati e non sa fare altro che chiedere ancora più controllo, più galere, più polizia, più espulsioni. E niente diritti. Per noi è questo il vero grave problema di Brescia in queste settimane. Ed è ora di cominciare ad arginarlo e risolverlo appunto “con la massima intransigenza”!

In particolare sia chiaro da subito a tutti che non abbiamo la minima intenzione di lasciare che una squadraccia di neonazisti di Forza Nuova, approfittando del clima pesantissimo creato contro gli uomini e le donne migranti e nell'ennesimo tentativo di sbarcare a Brescia, metta piede in città il prossimo 16 settembre o in qualsiasi altra data, addirittura con l'intenzione di fare un corteo nazionale per portare odio contro i migranti, contro gli antifascisti, contro l'espressione di qualsiasi differenza, contro l'autodeterminazione delle donne. Chiamiamo da subito le forze politiche e associative, i nativi e i migranti, tutti gli uomini e le donne che vogliono autodeterminare le proprie scelte ed essere liberi da ogni prevaricazione sociale, razziale, di genere e di orientamento sessuale alla più ampia e determinata mobilitazione antifascista e antirazzista. Per riconquistare per tutti i diritti sociali, civili e politici di cittadinanza. Per la libera circolazione e il libero soggiorno delle persone. Per l’abrogazione della Bossi-Fini. Contro la costruzione e per la chiusura dei centri di detenzione (CPT).

Per la costruzione per il 16 settembre di una grande manifestazione cittadina su questi temi l’appuntamento per tutti e tutte è martedì sera 5 settembre alle 20.30 al centro sociale Magazzino 47.

Allo stesso tempo e per quanto lo riguarda, e assumendone pubblicamente la responsabilità politica, il centro sociale Magazzino 47 dichiara da subito che è suo obbiettivo preciso anche l’impedire con l’azione diretta dal basso la manifestazione nazionale di forza nuova. Siamo convinti di interpretare il pensiero della grande maggioranza degli abitanti di Brescia dicendo che non vogliamo rivedere dopo oltre sessant’anni i nazisti sfilare per le strade o occupare piazze della nostra città. Non ne vogliamo sentire nemmeno l’eco, non vogliamo vedere nessun flash back di una tragica vicenda, l’occupazione nazifascista di Brescia, consegnata definitivamente alla pattumiera della storia. In forme che non coinvolgano chi non vuole e che non portino danni alla città di cui siamo parte, noi centro sociale magazzino 47 praticheremo l’obbiettivo di impedire che Brescia venga invasa e sfregiata da una parata nazionale di neonazisti.

Il 27 agosto scorso, qualche giorno fa, sul litorale romano di Ostia un ragazzo di 26 anni, Renato Biagetti, attivista del centro sociale Acrobax, verso le 5 del mattino stava camminando sulla strada per raggiungere la macchina e tornare a casa al termine di una festa reggae in spiaggia organizzata per lo più da giovani di rifondazione comunista. All’improvviso viene aggredito a freddo da due o forse tre estremisti di destra. Viene colpito da ben 8 coltellate. Qualche ora dopo muore in ospedale per le ferite riportate.

A questo omicidio i media hanno dedicato pochissima attenzione. Quasi tutti ne hanno nascosto lo sfondo politico, preferendo liquidare l’accaduto come inspiegabile rissa tra balordi. In realtà la gravità del fatto è accresciuta proprio dalla sua non casualità: è infatti l’ennesimo episodio (dall’inizio dell’anno ben 25 soltanto a Roma) di una lunga sequela di aggressioni per uccidere portate dall’estrema destra in molte città contro gli attivisti dei centri sociali e i migranti, contro chi ha un look o frequenta luoghi “alternativi”, contro i “drogati”, i “negri”, le “zecche”. Ma i media e la politica ufficiale tendono a negare, a tacere, a fare finta di niente.

Preferiscono invece accendere i riflettori del sensazionalismo sul cosiddetto caso Brescia. I sette tragici omicidi del mese di agosto in città e provincia. Avvenuti in quattro situazioni molto diverse tra loro, senza collegamento oltre alla vicinanza spazio-temporale. Alcuni migranti ne sono coinvolti, o come responsabili degli omicidi, o anche come vittime (tre dei sette morti), oppure soltanto come vittime (nel più sanguinoso, l’ultimo, una donna proveniente dalla Polonia).

In un caso, quello di Hina, la ragazza pakistana uccisa dal padre, sono direttamente la libertà di scelta e l’autodeterminazione delle donne ad essere colpite da prevaricazioni maschili che sono inaccettabili e vanno combattute senza incertezze, ma che sono anche trasversali - anche per l’intensità della violenza - ad ogni provenienza sociale e geografica.

Tanto basta a molta parte dei media e dei politici per inventare l’ennesima emergenza securitaria e per accusare in modo generalizzato i migranti, per scatenare contro di loro una vergognosa campagna di criminalizzazione senza scrupoli, anche al costo di ingenerare nella società una vera e propria psicosi collettiva. Una campagna mediatica e politica destinata ad alimentare paure e risentimenti, chiusure e contrapposizioni su base etnica, a costringere ancora di più i migranti tutti e le migranti tutte in una condizione di invisibilità e ricattabilità, di privazione di diritti sociali e di cittadinanza indispensabili per la dignità di ciascuno e per la convivenza civile.

Non ci risulta, e ne siamo contenti, che alcuna campagna dello stesso genere abbia avuto per bersaglio gli italiani tutti o i cattolici tutti o i bresciani tutti, per gli omicidi, gli uxoricidi, gli infanticidi, gli stupri che anche in questi mesi hanno visto come responsabili cittadini italiani o bresciani. In questi casi, giustamente, si continua a considerare la responsabilità penale personale e non estensibile al gruppo sociale di provenienza. Perché altrimenti si entra nella logica della faida. Si creano le condizione per il pogrom. Si legittima il presupposto essenziale del razzismo.

In questi giorni a Brescia sembra di essere stati catapultati sulla prima linea del fronte interno della guerra globale in atto su scala mondiale. La logica dello scontro di civiltà prova a travolgere e negare la complessità del reale. E' ostile alle differenze e alla libertà di scelta. Concepisce tradizioni, culture e identità come chiusura e contrapposizione, neanche fossero un destino immutabile e non invece il frutto in continua trasformazione dell'incontro e dello scambio tra diversi. Lo scontro di civiltà che non solo le destre stanno cercando di fomentare riduce la ricchezza della realtà e la fissa in fondamentalismi contrapposti e speculari, uguali e contrari. Avviene così che anche in queste settimane, dopo le uccisioni di Hina e di Elena, i più aspri nemici, uomini e donne, dell'integralismo islamico identificato con i migranti tout court e i più accesi difensori dei “diritti delle donne” nel nome della civiltà occidentale e magari cristiana siano spesso, al contempo, i più apertamente ostili, nel nome dell'“identità” e delle “radici” dell'occidente, proprio alle libertà e agli spazi di autodeterminazione conquistati negli ultimi decenni dalle donne in questa parte del mondo, con lotte aspre e mai finite. In questo senso l'esempio più evidente ma che non è affatto un'eccezione è proprio lo slogan della manifestazione razzista, e sessista, che forza nuova vorrebbe fare a Brescia: “non toccate le nostre donne”. Costoro si ergono a difensori delle donne italiane contro gli immigrati proprio mentre sono portatori di un programma politico improntato al cattolicesimo più integralista, oltre che all'estremismo di destra. Tale programma propone testualmente l'abolizione della legge 194 e un'idea della famiglia intesa esclusivamente come bianca, cattolica, eterosessuale, prolifica e gerarchica: con l'uomo che porta a casa i soldi e comanda, e con la donna che genera figli e lavora dentro le mura domestiche. Nel nome di tali alti ideali i forzanovisti nel 2004 a Lucca sono arrivati a compiere lo stupro “punitivo” di una ragazza dichiaratamente lesbica. Questi coraggiosi difensori delle donne nel nome dell'occidente e contro l'immigrazione sono nemici dell'autodeterminazione delle donne, proprio come il più convinto degli integralisti islamici. Contrapposti ed uguali, per l'appunto.

Le donne che lottano quotidianamente per l'autodeterminazione rifiutano di farsi mettere sotto tutela da questi neonazisti sfigati e misogeni e non intendono permettere loro di spargere odio nel nome delle donne contro le libertà di tutti e tutte.
Il significato dei tragici fatti di agosto a Brescia è stato volutamente esasperato e distorto. Quei fatti devono invece essere interpretati con cautela, riconoscendone le rispettive diversità e la complessità delle problematiche alle quali rimandano.
Piuttosto, si dovrebbe finalmente cogliere l’occasione per cominciare ad affrontare le profonde contraddizioni del famoso “modello Brescia” di gestione dell’immigrazione. Un modello, anch’esso, che nella sostanza non va al di là del muro della percezione dei migranti anzitutto come problema di ordine pubblico, di potenziale criminalità da affrontare prioritariamente attraverso strumenti di polizia. Anche per il centro-sinistra di governo i migranti sono braccia da mettere al lavoro molto prima che persone. Vanno bene finché stanno con la schiena piegata, ma se poi escono in qualsiasi modo dalla legalità oppure cominciano ad esprimere le proprie differenze, allora scattano i sospetti, i vincoli e poi gli allarmi sicurezza. I migranti diventano un problema da affrontare con divieti e multe addirittura se soltanto si fanno vedere in giro, se sostano per la strada o sulle panchine all’aperto di Brescia (vedi anche il regolamento comunale voluto da Corsini contro i cosiddetti bivacchi).

Non a caso l’espressione che tanto piace al centro-sinistra è solo “integrazione” degli extracomunitari, mai – invece - “interazione” con loro. Anche quello bresciano è un modello che intende l’accoglienza prevalentemente come carità, integrazione subordinata, ineguale, con pochi diritti sociali e civili, sospesa dal ricatto permanente della coppia indissolubile permesso di soggiorno-lavoro non precario. Questo proprio nel tempo in cui più del 25% dei lavoratori (italiani o immigrati) ha occupazioni precarie. Una percentuale in costante crescita, e che si alza sensibilmente se si considerano i nuovi ingressi al lavoro e ancor più se si considera anche il lavoro in nero (fonte Istat 2004).
Un'indagine appena un po' attenta ed onesta descrive la realtà dell'immigrazione, per altro molto complessa e variegata, in tutt'altro modo che come emergenza securitaria e problema di criminalità. I 130mila migranti che abitano nella provincia di Brescia sono anzitutto lavoratori e lavoratrici con pochi diritti che vengono spremuti nelle aziende agricole, nell’industria, nell’edilizia, nei servizi (per esempio come autotrasportatori e corrieri).

Gli extracomunitari sono il 37% dei lavoratori dell'industria siderurgica: gli immigrati lavorano in fonderia, al fianco di molti italiani. Lavorano in posti che i figli di papà di forza nuova che nel giugno scorso sono stati individuati dalla questura come responsabili del lancio delle bottiglie molotov contro magazzino 47 nemmeno immaginano che esistano.
Gli immigrati, soprattutto le donne, lavorano persino nella cura dei bresciani: fanno le serve nelle case degli autoctoni come colf. O come badanti, che anche per 24 ore al giorno nutrono, puliscono, lavano, fanno compagnia ai genitori o ai nonni di qualcuno che poi magari ha persino il coraggio di votare lega.

E ancora: i dati di fonte Inail del 2005, quelli più recenti disponibili, che riguardano gli infortuni e le cosiddette morti bianche sul lavoro, contribuiscono a dare il senso della gravità di una delle vere emergenze della provincia di Brescia: il pessimo quadro dei diritti e delle condizioni di lavoro, in particolare nell'industria, nell'edilizia e nei servizi, sia per i lavoratori immigrati che per quelli italiani. In un Paese, l'Italia, che nel quadro europeo ha un altissimo tasso di mortalità sul lavoro, Brescia con i suoi 26mila infortuni di cui 29 mortali nel solo 2005 è seconda solo a Torino, Milano, Roma e Napoli. 8 dei 29 incidenti mortali hanno riguardato lavoratori immigrati, cioè il 27,5% del numero complessivo, per una popolazione immigrata che a Brescia è del 13%. In termini assoluti questo dato in Italia è inferiore solo a quello di Milano, dove nel 2005 sono 11 gli immigrati morti di lavoro. Ma soprattutto, questo dato – il 27,5% dei morti sul lavoro a Brescia sono immigrati – quanto a visibilità sui media e nel dibattito politico è surclassato dal pluricitato 20% di “delittuosità” attribuita ai migranti in una città – Brescia – con tassi di criminalità molto al di sotto di qualsiasi soglia di allarme. Un 20% di “delittuosità” fatto quasi in gran parte di piccoli e piccolissimi reati, compreso forse anche il non essere in possesso di un permesso di soggiorno!

E ancora: a proposito dell'allarme invasione attraverso gli sbarchi a Lampedusa, i dati di realtà dicono che nel 2005 gli arrivi di immigrati sulle coste italiane, principalmente a Lampedusa, sono stati complessivamente circa 20mila. Non esiste alcun elemento fondato per sostenere che le cifre siano in aumento nel 2006. Questo significa che gli arrivi saranno 200mila in 10 anni. 2 milioni in un secolo: un numero che appena copre il decremento della natalità tra gli autoctoni (dati forniti da Alessandro Dal Lago, docente Università di Genova).

Tutte queste cose i fomentatori del razzismo le sanno e sanno anche che il razzismo, che guarda caso trova diffuse simpatie tra gli imprenditori nostrani, è utile non ad ottenere ciò che è impossibile e non desiderato da molti degli stessi capoccia del razzismo, vale a dire l’espulsione degli immigrati e la fine dei flussi d’ingresso in Italia, bensì a mantenere i migranti in condizione di ricattabilità e sfruttamento, a danno della dignità e dei diritti loro e di tutti, lavoratori italiani compresi.

La rabbiosa isteria razzista che ha segnato troppi commenti sui tragici fatti di agosto rivela anche una diffusa impotenza e ottusità, soprattutto fra i politici e gli amministratori non solo di destra posti di fronte ad un evidente ed irreversibile dato di realtà portato dalla globalizzazione: la possibilità e il diritto universale di ogni persona di circolare liberamente. Ancora una volta la risposta, inutile e disastrosa, ma tanto insistente da sembrare autistica, consiste nell’allarmismo, nell’erigere muri, nell’invocare più controllo, polizia, giri di vite.

Illusioni securitarie destinate ad aggravare l’insicurezza sociale di tutti. Non basta aver sperimentato in questi anni i disastri provocati dalla legge Bossi-Fini, ma anche dalla precedente Turco-Napolitano, come negatrici di diritti elementari e quindi come fonte di esclusione, di ingiustizie, di soprusi, di risentimento, di devianza e in definitiva di insicurezza per tutti.

Intanto la questura vanta l’espulsione di circa 50 immigrati senza permesso di soggiorno ogni giorno nelle ultime settimane: come spesso succede, alla fine a pagare sono i più deboli e quelli che non c’entrano niente.

Noi non vogliamo che le cose vadano avanti così!

Non si tratta di essere “tolleranti” e caritatevoli verso i migranti. Si tratta di aprire il conflitto con coloro, anche migranti, che calpestano i diritti di autodeterminazione di tutte e tutti. Si tratta di affermare attraverso il conflitto, al fianco anche dei migranti, libertà, spazi di autodeterminazione, diritti sociali, politici e civili che spettano a qualunque persona in quanto persona, ma che in gran parte sono negati ai (e alle) migranti perché migranti, diritti che gli stessi uomini e donne con cittadinanza italiana da molti decenni stanno vedendo venir meno!

Appuntamenti:

5 settembre ore 21 assemblea cittadina al centro sociale magazzino 47

16 settembre manifestazione antifascista antirazzista antisessista


Brescia, 1 settembre 2006

Centro sociale Magazzino 47



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