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28 maggio 2005: anniversario della strage di piazza Loggia
Fri, 10 Jun 2005
piazza loggia - 28 maggio - 1974 - 2005 chi è stato… è Stato Brescia, 28 maggio
1974: alle 10.12 in piazza della loggia esplode una bomba nascosta in un
cestino dei rifiuti mentre migliaia di studenti, operai e insegnanti stanno
manifestando contro le violenze e gli attentati commessi negli ultimi mesi in
città dai gruppi della destra neofascista a danno delle organizzazioni
sindacali e politiche di sinistra. L’esplosione uccide otto manifestanti e ne
ferisce oltre cento. Ai funerali delle vittime partecipa più di mezzo milione di persone, il servizio d’ordine è svolto per intero dagli operai e dagli studenti che in quei giorni decidono di occupare e autogestire tutte le fabbriche e le scuole di Brescia. Oggi, 31 anni dopo, l’eccidio di
piazza loggia sembra quasi appartenere ad una storia lontanissima, di un altro
mondo. Eppure è avvenuto nella nostra città e ha riguardato, se non
direttamente noi, i nostri fratelli maggiori, padri, madri. E soprattutto, il
suo significato riguarda per intero il nostro presente. Oggi, 31 anni dopo, non c’è giustizia per la strage di
Brescia come per tutte le altre che hanno insanguinato le piazze e i treni
nell’Italia degli anni ’70. Per piazza loggia è ancora in corso l’ultimo
processo, ma è probabile che anche stavolta nessuna condanna colpirà i
responsabili della strage. Tuttavia in questi anni le stesse inchieste delle magistratura hanno accertato una verità storica evidente fin dall’inizio: esecutori materiali furono esponenti di organizzazioni fasciste che contavano su ampi appoggi e protezioni negli apparati dello Stato, in primo luogo servizi segreti, forze armate e carabinieri, nonché nelle basi militari USA e Nato in Italia. Persino alti funzionari dello Stato ed esponenti politici di primo piano hanno operato fino ai giorni nostri per impedire l’accertamento delle responsabilità giudiziarie. Non solo: molti di loro hanno condiviso con i neofascisti, o lasciato che fosse praticato da questi, l’obbiettivo primario perseguito attraverso le bombe: restaurare l’“ordine” e colpire le pratiche di democrazia reale e partecipata di un diffusissimo movimento operaio e studentesco che in quegli anni stava conquistando per tutti migliori condizioni di vita, stava ampliando il quadro dei diritti per uomini e donne e mettendo in crisi il comando politico e sociale degli industriali e dei ceti privilegiati. La strage di piazza loggia è così strage fascista e di Stato. Impunita, perché lo Stato non può condannare se stesso. Ma le bombe non
bastarono a fermare i movimenti di lotta popolare. Vennero allora negli anni
successivi – per iniziativa del governo e con l’avallo unanime del parlamento -
le leggi speciali che criminalizzarono un’intera generazione e rinchiusero per
anni nelle galere dell’Italia democratica varie migliaia di attivisti politici
dei movimenti della sinistra radicale. Iniziò da lì anche in Italia il processo di ristrutturazione produttiva e sociale che arriva ai nostri giorni: al neoliberismo selvaggio, alla cosiddetta “new economy”, alla privatizzazione dei servizi e dei beni comuni, alla precarietà diffusa di lavoro e di vita, alla democrazia del tubo catodico. Il 28 maggio 1974 a Brescia venne colpita non per caso la piazza, da sempre luogo d’incontro e di libera espressione, di esercizio del comune e di partecipazione politica dal basso, di solidarietà e lotta per le classi popolari. E’ lì che torniamo anche quest’anno, per quelli che sono morti e perché non dimentichiamo. Ma siamo in piazza anche per riannodare nel presente i fili della solidarietà e della lotta collettiva per la giustizia e i diritti, qui ed ora, come sapevano fare 31 anni fa i caduti di piazza della loggia e i loro moltissimi compagni. Essere in piazza
loggia il 28 maggio 2005 vuol dire ancora e sempre resistenza al fascismo, a quello
in doppio petto al governo e a quello che di recente - con i nomi di Forza
Nuova o di Fronte sociale nazionale - anche nelle strade e nelle scuole della
nostra città è tornato a fare del razzismo, del disprezzo delle differenze, di
attentati, violenza fisica e vigliaccheria il suo terreno prediletto di
iniziativa politica. Vuol dire denunciare i
gravissimi provvedimenti repressivi e i processi politici che di nuovo stanno
colpendo in tutta Italia migliaia di attivisti dei movimenti di questi anni per
la globalizzazione dei diritti. Vuol dire opposizione alla guerra globale e alle stragi quotidiane che essa comporta; al razzismo, ai Centri di detenzione, alla legge Bossi Fini e alla strage dei migranti che muoiono nelle acque del Mediterraneo mentre cercano di raggiungere la terra della fortezza europea. Vuol dire sostenere la battaglia di civiltà del referendum contro la legge sulla procreazione assistita. Vuol dire reclamare
condizioni di lavoro accettabili e la garanzia di un reddito; contrastare il
copyright e liberare l’accesso a cultura e saperi, che come l’istruzione, la
sanità, i trasporti, gli spazi sociali, l’acqua e tutti i beni comuni non sono
merci in vendita ma diritti universali, da conquistare e da difendere. Centro sociale Magazzino 47, Brescia |